A Mestre la società del gruppo Openjobmetis che si occupa di assistenza domiciliare apre la sua prima filiale all’interno di un ospedale. Già a Prato, Family Care è attiva da diversi anni all’interno di uno dei punti multiservizio medico di Misericordia. E continua a crescere nonostante le difficoltà della pandemia, chiedendo a gran voce che le badanti vengano riconosciute fra le figure para-sanitarie per l’accesso al vaccino.
Family Care prosegue il suo percorso di crescita. Prevista ad aprile l’apertura di tre nuove filiali, fra cui una – quella di Mestre – particolarmente significativa, perché si tratterà della “prima volta” di un’Agenzia per il Lavoro all’interno di un ospedale pubblico. Per la società del Gruppo Openjobmetis specializzata nell’assistenza domiciliare ad anziani e persone diversamente abili è «un passo incredibile», per usare le parole del suo responsabile Danilo Arcaini: «Essere presenti in un contesto ospedaliero farà la differenza. Penso che si rivelerà una strategia virtuosa per tutti: le persone appena dimesse, o che transitano nella struttura, troveranno in noi un servizio a loro dedicato, così da proseguire a casa il percorso di cure. A questo si aggiunge il sostegno del comune di Venezia, che ci ha concesso l’accreditamento per l’assistenza domiciliare facendosi carico di una parte della spesa delle famiglie che ne hanno bisogno».
In realtà, quella di Mestre non è una nuova apertura, ma il trasloco dell’agenzia cittadina in un’altra sede, appunto l’area commerciale dell’Ospedale dell’Angelo, una struttura moderna e futuristica che affianca alla normale attività clinica una serie di esercizi commerciali. Completano il calendario delle aperture imminenti le filiali di Genova e, a maggio, di Novara.
Un sostegno contro la pandemia
Questa importante novità è stata l’occasione per una chiacchierata a tutto campo con Danilo Arcaini, per fare il punto delle attività di Family Care e per capire cosa riserva il futuro. La nostra intervista non poteva non affrontare l’emergenza sanitaria in corso, che ha visto proprio negli anziani la fascia più dolorosamente colpita. «Nei primi mesi la cosa più difficile è stata gestire le positività di badanti e di anziani, poiché non c’era una procedura ben definita – racconta il responsabile –: di fatto l’abbiamo identificata noi sulla base delle misure che venivano varate dal Governo. In questo periodo, oltre alle normali necessità delle persone anziane, le nostre badanti hanno anche dovuto imparare a gestire la paura, le esigenze legate alle restrizioni e così via. Questa difficile fase ha confermato ancora di più l’importanza di un servizio di qualità: è questo che dobbiamo far comprendere alle famiglie. Tante di loro, pur diventando indirettamente datori di lavoro, non ci pensano o non si comportano come tali; sta a noi far capire loro il corretto meccanismo che li può portare ad avere una badante in casa, cosa le possono chiedere e cosa no, e in generale accompagnarle durante tutto il percorso».
La via del riconoscimento sociale
Il Covid-19, e in particolare la campagna vaccinale in corso, hanno riportato a galla l’annoso tema del riconoscimento sociale delle badanti. Fra le categorie che hanno la precedenza per la vaccinazione figurano infatti le persone che hanno un ruolo in un contesto di assistenza, ma agli occhi dello Stato le badanti non sono comprese in questa definizione. «A oggi non sono sufficientemente riconosciute– sottolinea Danilo Arcaini – ed è un errore, perché sono a contatto con persone fragili. Noi la nostra parte la stiamo facendo: stiamo portando avanti un servizio che punta sulla regolarità - nella selezione, nei contratti, nelle condizioni di accoglienza - e sulla qualità delle risorse. Speriamo che presto anche il quadro normativo possa evolversi».
Verso un potenziamento dei servizi domiciliari?
Qualcosa, in realtà, si sta già muovendo, almeno sul fronte legislativo. È stata infatti da poco costituita una Commissione per la riforma dell’assistenza sanitaria e sociosanitaria della popolazione anziana, presieduta da monsignor Vincenzo Paglia, che di recente ha presentato al Ministero un documento con le linee guida della futura riforma. In particolare, il documento sembra prefigurare il superamento della centralità delle Rsa in favore di un potenziamento dei servizi di prossimità e domiciliari, proprio quelli offerti da Family Care. «La direzione è quella giusta – è il giudizio di Arcaini – anche se segue logiche prima di tutto economiche: assistere una persona nella sua casa è meno dispendioso. Certo, una persona anziana risponderà meglio al suo invecchiamento nel luogo che più conosce e in cui ha vissuto per tanti anni. L’importante è che il servizio badanti venga integrato con gli interventi del personale sanitario in senso stretto, infermieri e medici che devono garantire la loro presenza. Le badanti danno vicinanza, sostegno, compagnia, aiutano nella cucina e nell’igiene, ma non possono occuparsi degli aspetti medici. Insomma, bene l’assistenza domiciliare, ma serve che lo Stato possa riconoscerne sempre più la preziosità».